Differenze tra lamento, lamentazione e mormorazione
Le differenze sono molte, scopri perché è utile conoscerle.
Le differenze sono molte, scopri perché è utile conoscerle.
Immagina di avere in te due rubinetti, da uno sgorga la lode, dall’altro la lamentazione: quale vuoi aprire? So già cosa risponderai, ma… forse anche tu apri spesso quello della lamentazione a scapito della lode.
Puoi scegliere se aprire il rubinetto della lamentazione o quello della lode
Beh, per consolarti sappi che sei in buona compagnia, la lamentazione in Italia è una sorta di sport nazionale, viene insegnato ai bambini, ha finito per diventare una sorta di abitudine, un’attitudine cognitivo-emotiva, una modalità automatica di risposta a molte situazioni della vita che non vanno come si vorrebbe. Se poi le cose si mettono davvero maluccio apriti cielo!
Ma ci sono anche persone che si lamentano quando le cose vanno bene, in questo caso meglio portarsi avanti, tanto prima o poi ci sarà un buon motivo per farlo, anzi anche se le cose non vanno poi così male avrebbero potuto andare ancora meglio…
A questo punto la vita, unitamente a quella di chi ci sta intorno, viene inondata dalla lamentazione, della lode rimane solo un timido ricordo, un’intenzione disattesa oppure utilizzata estemporaneamente nella migliore delle ipotesi.
Per molte persone “lamento, lamentazione e mormorazione” sono sinonimi, invece i tre termini hanno significati diversi sia dal punto di vista etimologico che spirituale. Non sempre il lamento è un male, invece la lamentazione e la mormorazione uccidono umanamente e spiritualmente sia chi le esercita che chi le riceve.
Il termine lamento (dal latino lamĕntum), si ricollega al termine più arcaico “clamĕntum”, che significa esternare sonoramente il dolore, come nel piangere o nell’urlare.
Il lamento durante il lutto consente di esprimere il dolore
Il lamento è quindi un comportamento reattivo limitato ad una situazione ingiusta o dolorosa e nasce da un giudizio dei fatti. (Es. mi rubano dei soldi e denuncio l’accaduto; subisco un grave lutto e mi lamento per il dolore, chiedo una grazia a Dio ma non succede nulla). Il lamento può essere espresso con gemiti che esprimono un dolore composto) oppure con urla che esternano un dolore incontrollabile.
Il lamento può essere la fase iniziale, legittima e funzionale, del percorso di elaborazione di un’esperienza dolorosa, per esempio in occasione della morte di una persona cara consente di transitare dall’iniziale cordoglio al vero e proprio lutto.
Il lamento permette di fare memoria dei fatti e di vivere le emozioni collegate, prepara ad andare oltre, consente di portare a galla e non reprimere.
Ma se il lamento perdura, e quindi diventa una modalità comportamentale un po’ ossessiva, non permette più di allargare la narrazione, fa vedere le cose sempre allo stesso modo, allora si transita dal lamento alla lamentazione.
Dal punto di vista spirituale quando un lamento vissuto nella fede, in relazione con Dio, apre alla speranza e alla consolazione, ed avviene ciò che recita il salmo: «Hai mutato il mio lamento in danza, mi hai tolto l’abito di sacco, mi hai rivestito di gioia, perché ti canti il mio cuore, senza tacere; Signore, mio Dio, ti renderò grazie per sempre». (Sal 30,12-13)
Al contrario si generano delusione, rancore, sfiducia, deresponsabilizzazione e… naturalmente lamentazione.
Il termine lamentazione (dal latino lamĕntatio-nis) indica un lamento lungo e noioso, un’espressione insistente di dolore, un piagnisteo, oppure un discorso lamentoso e importuno.
Occorre uscire dalla lamentazione coltivando prima il silenzio e poi la lode
La lamentazione è quindi un comportamento ricorrente, generalizzante rispetto a situazioni o persone verso le quali si nutre un persistente senso di sfiducia. Parte sovente da pregiudizi o stereotipi e finisce per diventare un habitus comportamentale. (Es. governo ladro, le donne non sanno guidare, i miei colleghi non capiscono niente, Se Dio ci fosse certe cose non accadrebbero, ecc.)
La lamentazione produce nella persona che la attua una modalità di pensiero disfunzionale e depressivo, che la blocca non consentendole di evolvere, la fa rimanere schiava della situazione, inoltre coinvolge negativamente anche le persone costrette ad ascoltare più o meno passivamente le lamentazioni altrui.
Dal punto di vista spirituale è un peccato di orgoglio, perché si dispera nell’aiuto divino (provvidenza) e si coltiva un giudizio implacabile sugli eventi (mancanza di carità). Ergendosi a giudici si diventa superbi e ci si considera superiori a Dio. Si finisce inevitabilmente per omettere la preghiera e per non riconoscere le proprie responsabilità, inoltre si offre una testimonianza negativa che porta scandalo e sfiducia nel prossimo.
Il termine mormorazione (dal latino murmuratio-onis) indica l’uso di parole sussurrate sommessamente a scopo di maldicenza subdola e pettegola, con cui si cerca di scalzare l’onore o la reputazione di un’altra persona. Si tratta di una maledizione.
La mormorazione porta discredito e lavora nell’ombra
La mormorazione è una lamentazione mirata, è una chiacchera o una maldicenza agita in modo poco evidente, per svilire, porre in cattiva luce o stigmatizzare una persona, un gruppo di persone o una situazione lavorativa. Lo scopo è portare discredito, minare l’onore e il prestigio di persone vissute come ingiustamente superiori a se stessi. Attraverso la mormorazione si cerca di abbassare e di portare gli altri sotto di sé, in questo modo di vive una percezione di falso controllo e di potere sull’altro, visto che non ci si sente capaci di affrontare gli altri con altre modalità.
La mormorazione è una maldicenza che uccide
Dal punto di vista spirituale si tratta di un peccato grave perché contravviene i comandamenti di “Non uccidere”, infatti la maldicenza uccide l’onorabilità e la reputazione, e di “Non dire falsa testimonianza”, infatti la calunnia è una falsità o un’esagerazione malevola verso il prossimo. Infine è in gioco anche il primo comandamento, “Non avrai altro Dio fuori di me”, perché chi mormora sostituisce a Dio sé stesso, si crede onnipotente, perde il senso del limite, diventa incapace di carità.
COLTIVA LA LODE E ABBANDONA IL LAMENTO
Quando si è nella lamentazione per prima cosa occorre rendersene conto. A volte si riesce a farlo da soli, altre volte sono le persone che ci vogliono bene che ce lo fanno capire: ci trovano insopportabili. Allora occorre agire senza esitazione, si può uscire dalla lamentazione agendo in modo opposto attraverso la lode.
La lode offre considerazione positiva al prossimo
La lode è un linguaggio contemporaneamente umano e divino.
Nelle relazioni umane esprime la considerazione positiva verso l’altro, promuove stima e sentimenti amorevoli, non a caso è il linguaggio utilizzato dagli innamorati. Anche Gesù è chiaro: «Detestate il male, attaccatevi al bene; amatevi gli uni gli altri con affetto fraterno, gareggiate nello stimarvi a vicenda». (Rm 12,9-10)
Nella preghiera la lode è un modo per esprimere amore a chi si ritiene la fonte dell’amore, è una presa d’atto, è l’amen rispetto a questa verità: Dio è amore.
La preghiera di lode è “teo-centrica”, allontana da una visione di sé “ego-centrica”. Per lodare occorre “farsi piccoli”, abbandonare il proprio inamovibile punto di vista, la propria lamentazione, le mormorazioni.
Gesù ci ricorda l’importanza di farsi piccoli: «Ti rendo lode, Padre, Signore del cielo e della terra, perché hai nascosto queste cose ai sapienti e agli intellettuali, e le hai rivelate ai piccoli. Sì, o Padre, perché così hai deciso nella tua benevolenza». (Mt 11,25-26)
La lode è una sorta di dinamite per l’anima, in grado di riconfigurare anche gli schemi di pensiero più disfunzionali. La lode è “psicoterapeutica”, è un rendimento di grazie che apre alla vita, promuove nuove azioni e preserva dalla morte interiore. La persona che loda e adora viene trasformata progressivamente ad immagine del suo Dio, ripristina il collegamento divino e attiva lo Spirito Santo.
La preghiera lode previene o cura molti mali
Ma allora perché attendere a lodare quando ormai si è già nei guai? È utile scegliere di aprire il rubinetto della lode a scopo preventivo!
Infatti tutti sanno che è meglio effettuare una corretta “prevenzione primaria” per evitare che la malattia insorga.
Se invece si sta vivendo una fatica psico-fisica o spirituale la lode svolge una funzione di “prevenzione secondaria”, cioè limita il disagio e ne rende più facile la cura.
Se infine la malattia o il problema sono apparentemente irrisolvibili la lode svolge un compito di “prevenzione terziaria”, cioè rende più sopportabile il problema, apre all’accettazione e all’abbandono, svolge una funzione pacificante. Occorre quindi far diventare la lode una buona abitudine di vita, lodando in ogni situazione, avendo cura di perseverare.
È giornalista pubblicista esperto del settore eno-agro-alimentare, è psicologo, counselor professionista e mediatore familiare. È anche co-fondatore dell’associazione Famiglia della Luce con Camilla e titolare di Ascolti di Vita.
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