Empatia: un pilastro dell’intelligenza emotiva
Riconoscere le emozioni degli altri è fondamentale per riconoscere anche le proprie
Riconoscere le emozioni degli altri è fondamentale per riconoscere anche le proprie
L’intelligenza emotiva indica la capacità di rapportarsi in maniera efficace a sé stessi e agli altri, connettendosi alle proprie emozioni per riuscire a gestirle e a utilizzarle in modo creativo.
L’intelligenza emotiva in sintesi consiste in 5 abilità:
È evidente che l’empatia rappresenta un’abilità fondamentale, una cerniera che consente di conosce meglio sé stessi e il prossimo.
Empatia ed intelligenza emotiva procedono per mano…
Chi non lavora sull’intelligenza emotiva:
I neuroni specchio sono alla base dell’empatia
L’empatia è la capacità di mettersi nei panni degli altri, di sintonizzarsi sulle loro emozioni senza però confondersi con esse. Captare il vissuto emotivo delle persone non è un’abilità soprannaturale, è assolutamente normale. Questa capacità è sostenuta da specifiche aree del cervello collegate ai “neuroni specchio”, scoperti nel 1992 dai due neuro-scienziati italiani Giacomo Rizzolatti e Corrado Sinigaglia.
I due scienziati hanno osservato che basta scorgere in un’altra persona l’intenzione di compiere un’azione o di vivere un’emozione (es. un lieve abbozzo di sorriso) per attivare istantaneamente nel proprio cervello le aree di risposta (aree della felicità) come se l’azione fosse già avvenuta o l’emozione già espressa.
La vista è il senso privilegiato, ma la stessa cosa avviene anche per l’udito e per l’olfatto, anche se in modo minore. Questo “specchio emotivo” l’abbiamo sperimentato quando ci siamo messi a sbadigliare subito dopo lo sbadiglio di un’altra persona vicina, o quando un sorriso appena abbozzato ci ha offerto tranquillità, oppure quando cogliamo uno sguardo triste e diventiamo tristi anche noi.
Ulteriori info:
366 207 2156 ti risponde Elisabetta
Per coltivare l’empatia occorre un iniziale coinvolgimento emotivo, poi però è necessario un certo distanziamento. Non è facile, il più delle volte “veniamo presi” dalle emozioni altrui, e quando siamo troppo coinvolti perdiamo lucidità e finiamo per sommare le nostre emozioni con quelle dell’altro. Anche Gesù ha imparato e gestire le proprie emozioni. Di fatto l’emozione dell’altro diventa la nostra, in psicologia questo processo viene chiamato contro-transfert, per un terapeuta riconoscere e gestire questo processo è uno degli aspetti fondamentali della professione. Partendo dalle emozioni degli altri ci si trova a dover gestire le proprie emozioni.
Sto seguendo due famiglie con figli potenzialmente a rischio suicidio, se non riconosco e gestisco correttamente le mie emozioni finisco con il perdere l’equilibrio e la corretta distanza, rischio di non poterli aiutare nell’elaborazione dei loro sentimenti. Anche perché nella mia esperienza personale anche io ho conosciuto il suicidio di persone care…
SPERIMENTA IL NOSTRO ASCOLTO EMPATICO
Puoi essere accompagnato dai nostri counselor in un percorso di relazione d’aiuto personale o di coppia basato sull’empatia.
Immagina di incontrare una persona che sembra sprizzare gioia da tutti i pori e di venirne contagiato emotivamente. Diventerai anche tu gioioso, un’emozione tutto sommato piacevole da vivere per un po’, ma se ti associ troppo alla gioia dell’altro finisci per non riuscire più a decodificare e a vivere le tue emozioni, a non decodificare correttamente la complessità emotiva dell’altro. Sovente dietro ad un’emozione di superficie se ne celano altre molto utili per avere un quadro completo.
A volte una gioia eccessiva nasconde altro…
Ho conosciuto una donna che mi si è presentata per un breve colloquio nell’intervallo di una formazione che stavo conducendo. Era molto gioiosa, indossava una maglia con la frase “Gesù mi ama”, faceva battute per farmi ridere. Quando capitano cose simili drizzo istantaneamente le antenne, ho imparato a guardare oltre…
Le ho fatto da specchio empatico e le ho detto: “mi pare che tu oggi sia proprio gioiosa: ti andrebbe di parlarmi del motivo di questa gioia?”
Intanto che rispondeva con toni sempre gioiosi i lineamenti facciali hanno iniziato impercettibilmente ma progressivamente a tendersi, avevo l’impressione che stesse compiendo uno sforzo per non far emergere un contrasto interiore, esprimeva a parole cose diverse rispetto alle espressioni non verbali che intravedevo, però riusciva a mascherarlo molto bene, probabilmente aveva una grande abitudine nel farlo, solo un occhio un po’ allenato poteva accorgersi immediatamente dell’incongruenza.
Dopo il suo inarrestabile profluvio di parole, appena si è concessa una pausa per respirare, è bastata una breve riformulazione empatica: “tu mi stai dicendo che sei molto felice per la tua famiglia, mi fa piacere, però mi è parso di cogliere anche dell’altro nelle tue espressioni…. c’è forse anche dell’altro?”
Dopo un iniziale stupore e un estremo tentativo di controllo ha iniziato improvvisamente a piangere, è emerso che la donna subiva da anni violenza psicologica, qualche volta anche fisica, dal marito e dal figlio disabile, ma aveva talmente idealizzato la sua famiglia da utilizzare una falsa gioia per mascherare a sé stessa e agli altri l’evidenza dei fatti.
Se mi fossi soffermato alle apparenze della sua gioia e avessi iniziato a gioire con lei non sarebbe emerso nulla, avrei vissuto una “collusione”, cioè mi sarei incollato a lei e lei avrebbe potuto proiettare indisturbata su di me la sua storia idealizzata.
Ma dove sarebbe finita la mia autenticità rispetto alle emozioni che stavo vedendo emergere sia in lei e in me? Come avrei potuto aiutarla a far venir fuori la verità? In quel caso la donna in fondo non aspettava altro che di essere ascoltata profondamente, di svelarsi, in altri casi i meccanismi di difesa sono talmente radicati che occorre lasciare i giusti tempi alla persona per aprirsi, anche se abbiamo già capito che qualcosa non quadra!
Ulteriori info:
366 207 2156 ti risponde Elisabetta
È fondamentale conoscere le nostre emozioni
Se non sei cosciente di quello che sta capitando in te, di fronte alle emozioni altrui perdi l’equilibrio e ti fai trascinare in un gioco che non ti appartiene, a volte vieni inconsapevolmente strumentalizzato dall’altro, che ti riversa addosso le proprie fatiche semplicemente per “vuotare la pancia”. Se non analizzi un po’ anche le tue risposte emotive finisci per essere in balìa delle emozioni degli altri e perdi la tua pace. Vieni invaso dagli altri senza porre confini, avviene una sorta di fusione emotiva che prelude alla confusione relazionale.
Quindi empatia non significa contagio emotivo, inoltre è sempre bene sottolineare che quello che tu “leggi nell’altro” è sempre un’ipotesi di ciò che l’altro pensa o vive, non una sicurezza.
Per questo motivo è molto utile usare la riformulazione empatica: “mi pare di capire che tu…”, “mi stai dicendo che…?” “quello che mi dici mi colpisce, mi dispiace molto. Ti senti tradita e sfiduciata… ho capito bene?”
Quindi la vera empatia non è la simpatia, ma una semplice apertura e sintonizzazione sul vissuto emotivo degli altri, un tentativo di andare oltre le apparenze, un desiderio di essere presente senza essere invadente.
È giornalista pubblicista esperto del settore eno-agro-alimentare, è psicologo, counselor professionista e mediatore familiare. È anche co-fondatore dell’associazione Famiglia della Luce con Camilla e titolare di Ascolti di Vita.
Scrivici
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!