Felicità è andare oltre sé stessi
La vera felicità non è mai autocentrata ma si realizza attraverso il prossimo
La vera felicità non è mai autocentrata ma si realizza attraverso il prossimo
In questo articolo scopriremo che per raggiungere la felicità occorre andare oltre sé stessi, cioè oltre il proprio io. Nei primi anni di vita siamo chiamati a costruire la nostra identità ed individualità, ma successivamente per essere felici occorre andare oltre volgendo lo sguardo lontano da noi per allargarlo al prossimo.
La psicologia sostiene che una personalità sana ed equilibrata inizia prima con la costruzione e la definizione di un io stabile, poi prosegue con l’integrazione di sé nel contesto relazionale e sociale, ed infine si completa con l’autotrascendimento dell’io, che porta a decentrarsi da sé stessi per volgersi verso altro. Ne consegue che per raggiungere la completezza e la felicità prima occorre far emergere ciò che c’è in noi, ma poi si è chiamati ad andare oltre!
Prima si accumulano tesori, poi si inizia a donarli.
Victor Frankl è stato il fondatore dell’approccio esistenziale e il cratore della logoterapia
Lo psichiatra e filosofo Victor Frankl sosteneva in proposito che «Essere-uomo significa andare al di là di sé stessi. L’essenza dell’esistenza si trova nel proprio autotrascendimento. Essere-uomo vuol dire essere sempre rivolto verso qualcosa o qualcuno, offrirsi e dedicarsi pienamente a un lavoro, a una persona amata, a un amico cui si vuol bene, a Dio che si vuol servire».
Frankl Victor, Ciò che non è scritto nei miei libri. Appunti autobiografici, in Fizzotti E. (a cura di), Chi ha un perché nella vita…. Teoria e pratica della logoterapia, Ed. LAS, Roma, 1993.
Quindi l’uomo non si realizza concentrandosi esclusivamente sui propri bisogni, siano essi fisiologici, di sicurezza, di appartenenza o distima, ma si completa decentrandosi da sé stesso e trasfigurando le proprie esperienze di vita.
Autotrascendere l’io significa salire di livello e puntre in alto
Autotrascendere l’io è un po’ come morire a sé stessi per giungere ad un livello più elevato. Lo aveva già spiegato due millenni fa Gesù sotto forma di parabola: «In verità, in verità io vi dico: se il chicco di grano, caduto in terra, non muore, rimane solo; se invece muore, produce molto frutto» (Gv 12,24). Il focus non è sulla morte, ma sulla nuova vita dove il frutto è abbondante e produce felicità e realizzazione.
Quindi seguire la propria missione comporta spesso sacrifici e piccole morti collegate a “potature interiori”, ma l’obiettivo è produrre frutti buoni e abbondanti, un po’ come capita in un vigneto piantato su buon terreno dal quale si voglia ottenere un buon vino: occorre potare la vite. Gesù ci rivela che la vite è Lui stesso: «Io sono la vite, voi i tralci. Chi rimane in me e io in lui, fa molto frutto, perché senza di me non potete far nulla» (Gv 15,5).
VUOI TROVARE FELICITÀ E SCOPRIRE LA TUA VERA MISSIONE?
Svolgiamo accompagnamento umano e spirituale, puoi parlane con noi!
La preghiera di affidamento completa il lavoro personale su sé stessi
Per prima cosa occorre possedere un buon io, cioè una buona autostima, perchè non si può trascendere sé stessi se l’io è troppo debole o fragile. Se così fosse occorre compiere un duplice lavoro, che si potrebbe sintetizzare nel celebre motto benedettino “ora et labora”, cioè prega e lavora.
La preghiera è importante per conservare una relazione sana e matura con Dio, prendendo coscienza della propria creaturalità e dei nostri limiti. Può giovare un buon accompagnamento spirituale per camminare in modo più spedito e sicuro.
Ma anche il lavoro su sé stessi è altrettanto importante, per comprendere i passaggi fondamentali di vita, far memoria delle ferite e delle gioie associate e giungere a trasfigurare la propria storia. In questa fase può giovare anche un buon accompagnamento umano per accompagnare la scoperta di sé. I percorsi di counseling pastorale svolti dall’associazione consentono di lavorare contemporaneamente sia sul piano umano che spirituale e raggiungere una felicità stabile.
Anche un terreno inospitale può essere trasformato
C’è un’ultima variabile: il terreno. Siamo noi i custodi e gli agricoltori del nostro terreno, più lo coltiviamo con scelte conformi alla nostra missione di vita più il terreno risulta irrigato e fertile, all’opposto il terreno rimane asciutto e sterile. Che terreno vogliamo essere?
Se abbiamo il dubbio che la nostra vita attuale sia lontana dalla nostra vera missione, quella in grado di donarci felicità e benessere, possiamo decidere di scegliere un nuovo obiettivo, un nuovo scopo, e compiere l’inversione di marcia necessaria per raggiungere la vera missione. In termini morali questa inversione è definita conversione, in termini psicologici ridefinizione esistenziale, ma il senso non cambia.
Abbiamo scoperto che per raggiungere la felicità occorre andare oltre sé stessi, in un processo che viene definito autotrascendimento dell’io. Ma abbiamo anche visto che è necessario partire da un io sufficientemente stabile, dotato cioè di un buon livello di autostima, che si ottiene svolgendo un duplice lavoro sia sul piano umano che spirituale. Infine abbiamo visto che possiamo essere un terreno più o meno ricettivo a seconda delle scelte di vita che sono state compiute, aderenti oppure distanti dalla propria missione. Per essere felici occorre quindi domandarsi non tanto cosa si vuole fare, ma cosa si è chiamati ad essere.
È giornalista pubblicista esperto del settore eno-agro-alimentare, è psicologo, counselor professionista e mediatore familiare. È anche co-fondatore dell’associazione Famiglia della Luce con Camilla e titolare di Ascolti di Vita.
Scrivici
Lascia un Commento
Vuoi partecipare alla discussione?Sentitevi liberi di contribuire!