La preghiera del cuore con l’esicasmo
Una preghiera profonda per coltivare una relazione intima tra io e Dio
Una preghiera profonda per coltivare una relazione intima tra io e Dio
L’esicasmo è una modalità spirituale di contemplazione volta ad una relazione più profonda tra l’umano e il divino, basata sulla ripetizione continua mentale o a bassa voce di una parola o di un breve brano sacro. Nel cristianesimo l’esicasmo è anche detto “preghiera del cuore” ed è praticato utilizzando singole parole oppure brevi versetti tratti dalla Parola di Dio. L’esicasmo conta un’ampia pratica in ambito monastico, soprattutto nella tradizione cristiana orientale ortodossa dove fa parte della “filocalìa” (gr. Φιλοκαλία, «scelta delle cose migliori»). Ma negli ultimi anni anche in occidente sono sorti movimenti cattolici volti al recupero di questa antica pratica meditativa, come hanno fatto sia “I Ricostruttori nella Preghiera” che la nostra associazione organizzando formazioni specifiche e promuovendo momenti di preghiera esicastica.
L’esicasmo prevede il silenzio interiore
La preghiera del cuore con l’esicasmo porta a quella quiete nella quale “l’anima può abitare con Dio”. Per noi occidentali, che tendiamo ad essere molto razionali, è particolarmente importante imparare a pregare “con il cuore e dal cuore“.
I Padri del deserto, anche se non offrono alcuna teoria sulla preghiera, con le loro storie e i loro consigli concreti hanno offerto le basi sulle quali successivi scrittori spirituali hanno edificato una spiritualità di grande forza e profondità.
La preghiera esicastica è stare alla presenza di Dio “con la mente nel cuore”, dove non ci sono divisioni o distinzioni e dove si è totalmente integri e indivisi. Qui abita lo Spirito di Dio (Spirito Santo) e ha luogo l’incontro tra l’umano e il divino, dove si è dinanzi al volto del Signore in noi, cioè l’immagine di Dio presente in ognuno di noi. Naturalmente questo tipo di preghiera si nutre di silenzio e si sviluppa nel silenzio interiore.
il cuore corrisponde all’unione di Spirito e Anima
Occorre tenere presente che qui il termine “cuore” è usato nel suo pieno significato biblico, mentre nella nostra cultura la parola ha assunto altre attribuzioni più sentimentali e di tenerezza. Espressioni come “cuore infranto” o “una persona di cuore” indicano che spesso pensiamo al cuore come al “centro caldo” del nostro essere dove hanno sede le emozioni, in contrasto con il “freddo intelletto”, dove i pensieri razionali trovano il loro ambiente naturale.
Il termine cuore nella tradizione ebraica si riferisce alla fonte di tutte le energie fisiche, emozionali, intellettuali, volitive e morali. Invece nell’antropologia cristiana il cuore corrisponde all’unione di Spirito e Anima, dove le facoltà cognitive, emotive e volitive dell’anima sono costantemente e naturalmente orientate al bene da parte dello Spirito di Dio che vive noi. Il cuore, come sede della volontà, fa progetti e perviene a decisioni giuste.
Il cuore è quindi l’organo centrale e unificante della vita personale e determina la personalità, è il luogo interiore in cui abita lo Spirito di Dio, ma è anche il luogo dove agisce dall’esterno il maligno che cerca di inclinare la persona al male.
La preghiera del cuore cerca Dio in sé stessi non solo fuori da sé
Il cuore interiore, che non è non l’organo fisico, è il luogo privilegiato per la “preghiera del cuore“, una modalità di pregare che si rivolge a Dio non cercandolo fuori da sé stessi, ma partendo dal centro di sé, coinvolgendo la propria umanità in totalità ed integrità. Questa modalità di preghiera, pur con alcune sfumature, è presente nelle principali religioni , tra le quali le tre confessioni monoteiste, l’ebraismo, il cristianesimo e l’islam.
Uno dei Padri del deserto, Macario il Grande, sosteneva che: «Il compito principale dell’atleta [cioè, del monaco] è entrare nel proprio cuore».
Un concetto simile si trova anche nel monito di Sant’Agostino: «Non andare fuori, rientra in te stesso: è nel profondo dell’uomo che risiede la verità».
E lo stesso monito inciso anche sul portale del tempio di Apollo a Delfi: “Conosci te stesso“.
Questo significa che chi prega dovrebbe sforzarsi di lasciare che la preghiera plasmi interamente la propria persona. È l’intuizione più profonda dei Padri del deserto: entrare nel cuore è entrare nel regno di Dio, ovvero, la via che conduce a Dio passa attraverso il cuore.
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La discesa nel cuore non è immediata e banale, il monaco Giovanni Carpathios afferma che: «Ci vogliono un grande sforzo e una grande lotta nella preghiera per raggiungere quello stato della mente che è libero da ogni agitazione, ma questo stato della mente è un paradiso dentro al cuore, il luogo dove “Cristo abita in voi” (2 Cor 3,5)».
La preghiera del cuore ci rende simili a Cristo
I Padri del deserto nei loro detti orientano verso una concezione olistica della preghiera, che distoglie da una visione dove pregare Dio è una pratica obbligatoria, uno dei tanti problemi da affrontare per sentirsi a posto con la propria coscienza. I Padri del deserto mostrano che la preghiera autentica penetra fino all’essenza dell’anima e raggiunge gli angoli più remoti.
La preghiera del cuore non limita il rapporto con Dio a parole interessanti o a pie emozioni, ma ci “cristifica“, cioè trasforma tutto il nostro essere in Cristo, perché apre progressivamente gli occhi dell’anima alla verità sia su noi stessi che su Dio. Giungiamo a riconoscerci come peccatori abbracciati dalla misericordia di Dio e questa consapevolezza che ci fa prorompere nel grido: «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore».
Il pellegrino russo ha diffuso la preghiera del cuore più nota
Questa frase adattata dal Vangelo (Luca 18,13) è quella tramandata da un pellegrino nei “Racconti di un pellegrino russo”, un testo ascetico scritto fra il 1853 e il 1861 da un certo Nemytov. La frase «Signore Gesù Cristo, Figlio di Dio, abbi pietà di me peccatore» è diventata per quest’uomo una preghiera continua da ripetere accordata con il respiro. Gli è stata donata da uno “starec“, un vecchio saggio al quale il pellegrino si era rivolto chiedendo di comprendere come fare a seguire le esortazioni di san Paolo a «pregare incessantemente» (1 Tessalonicesi 5,17)
La preghiera del cuore propone di non nascondere nulla a Dio e di affidarsi incondizionatamente alla Sua misericordia, perciò è una preghiera di verità che smaschera molte illusioni su sé stessi e su Dio e fa entrare in un rapporto autentico tra il peccatore e il Signore della misericordia. È questa verità ciò che offre la quiete del cuore all’esicasta.
Nella misura in cui questa verità si ancora nel nostro cuore saremo meno distratti dai pensieri mondani e più risolutamente rivolti verso Dio, Signore sia del nostro cuore che dell’universo. Così, le parole di Gesù: «Beati i puri di cuore, perché vedranno Dio» (Mt 5,8) diventeranno in questo modo reali, anche se tentazioni e lotte resteranno fino alla fine dell’esistenza, però con un cuore purificato saremo nella quiete anche in mezzo ad un’esistenza travagliata.
L’esicasmo porta ad un’unione mistica tra l’umano e il divino
Abbiamo visto che l’esicasmo è un’antica pratica sia contemplativa che meditativa definita preghiera del cuore. Ha un’antica tradizione risalente ai Padri del deserto, ma si ritrova anche in altre tradizioni religiose. Ripetere nel silenzio e nella quiete interiore una simile preghiera, tratta da verità della propria fede, porta ad un’unione mistica con Dio, in particolare crea una relazione intima con lo Spirito divino che dimora in noi. Questa preghiera permette di entrare in profondità e di unire l’umano e il divino, realizza un’ascesi che aiuta a trasfigurare la realtà, quindi le inevitabili difficoltà della vita vengono vissute con una modalità di distanziamento e di abbandono nella Divina Provvidenza e nell’azione misericordiosa di Dio che è puro amore.
È giornalista pubblicista esperto del settore eno-agro-alimentare, è psicologo, counselor professionista e mediatore familiare. È anche co-fondatore dell’associazione Famiglia della Luce con Camilla e titolare di Ascolti di Vita.
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