Primavere… verso una nuova risurrezione
Racconto autobiografico di Anna Romboni che percorre le primavere della sua vita fino ad una nuova resurrezione
Racconto autobiografico di Anna Romboni che percorre le primavere della sua vita fino ad una nuova resurrezione
Solo quando ci si è trovati, bisogna imparare a perdersi ogni tanto, e poi ritrovarsi: premesso che si sia pensatori. (Friedrich Nietzsche)
Moriva in modo violento per mano dell’autorità civile e religiosa. Cosa aveva fatto di male perché la sua vita gli fosse tolta?
Aveva disturbato la quiete pubblica. Aveva incominciato a dire, e lo stava dicendo sempre con più insistenza, che ogni uomo doveva pensare e non solo ubbidire. Diceva che l’uomo stava al di sopra di tutto, anche della Legge. Diceva che nessuno aveva diritto di giudicare un altro uomo e che anche a chi aveva commesso uno sbaglio bisognava lasciargli la speranza di poter cambiare.
Diceva inoltre che nessuno può stare nella ricchezza finché c’è un uomo nell’indigenza. Che nessuno può arricchirsi a danno dell’altro perché il mondo con le sue risorse e le sue bellezze appartiene a Dio e quindi a tutti.
Diceva inoltre che chi occupa un posto di potere deve essere servitore e non padrone.
Com’era possibile vivere senza onori? Come si poteva pensare di non avere i forzieri pieni di oro? E case, case diverse dove poter stare d’estate e poi d’inverno e poi in autunno e poi ancora in primavera? E come fare a godere se non si poteva prendere il corpo di donne e uomini a proprio piacimento e poi buttarli via quando non servivano più allo scopo? E come mantenere buono il popolo se non si poteva più limitarlo attraverso la grande Legge e le varie piccole leggi, venute perché la Legge coprisse ogni spazio della vita?
Meglio far tacere la voce di quell’uomo. Il potere politico e religioso hanno fatto alleanza, mentre in altre circostanze si guardavano in cagnesco, nemici tra loro perché entrambi si pensavano limitati l’uno dall’altro.
È morto proclamando ancora una volta la legge della libertà, la legge dell’amore. Un soldato, un comandante di soldati, che stava facendo eseguire gli ordini ricevuti e che, suo malgrado, stava assistendo all’uccisione di quell’uomo, era stato toccato dalle sue parole di perdono e gli è venuto spontaneo proclamare: “Se sta perdonando a chi lo ha condannato ingiustamente, a chi lo sta insultando, a chi lo sta percuotendo, a chi gli sta infliggendo una morte crudele sia perché l’ha decisa sia perché la sta eseguendo, allora veramente è figlio di Dio”, come era stata l’imputazione che lo aveva portato alla morte: “Ha bestemmiato, ha detto di essere figlio di Dio!”.
Quell’uomo è morto e i suoi amici hanno assistito impotenti alla sua esecuzione.
Sempre a primavera, dopo una manciata di giorni, ecco la novità: le donne, le amiche di quell’uomo ucciso senza colpa, scoprono che il sepolcro dove era stato posto il suo cadavere è vuoto!
L’uomo è tornato a vivere, è risorto! Colui che è stato ucciso perché si è opposto a diventare oggetto degli altri e non voler usare l’altro come un oggetto, ma vivere con tutti in relazione, è risorto.
Nella sua nuova dimensione di totale donazione, ha incontrato di nuovo i suoi compagni e li ha trasformati. E uno di essi, scrivendo a un suo amico di sé, di Lui, del loro incontro, così si esprimeva: “Ti racconto tutte queste cose perché sono nella gioia e non posso tacerle, tenerle solo per me perché se ne parlo, anche altri potranno gioire della Sua vita e così saremo in tanti a essere nella gioia e questa è la felicità”.
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Ogni vita è unica, irripetibile, e può essere narrata attraverso il proprio personalissimo racconto. Lo puoi fare anche tu!
Primavera di una bambina in cerca nei campi attorno a casa dei “pasquini” i fiori spontanei di un bel pervinca intenso e che, le è stato detto, possono servire a colorare le uova di pasqua. Con la fantasia si pensa intenta in un gesto che poi invece non si attuerà e rapita raccoglie quei minuscoli fiori primaverili, sognando vissuti e relazioni. La dolcezza della stagione, il sole che mai così limpido brilla se non a primavera, le restano dentro.
Primavera è Pasqua, la festa della rinascita, della risurrezione. Riti, simboli rendono magico il momento. Le campane tacciono, sono legate, le è stato detto, in segno di “mancanza”.
La sua fantasia infantile immagina che le grandi campane del campanile che sente suonare a tutte le ore e a festa la domenica, oppure con un tocco mesto accompagnare la processione che porta la bara di un morto al cimitero, siano state legate con delle robuste corde affinché non possano suonare. E poi invece il sabato sentirle di nuovo cantare tutte insieme, per dire che “Gesù è risorto” e allora tutti, in casa, bagnarsi gli occhi con l’acqua santa, benedetta durante le celebrazioni mattutine, a significare di aprire lo sguardo alla novità, di togliere il velo che può appannare la vista per scoprire il nuovo modo di guardare quell’uomo morto in croce tanti, tanti anni fa.
Primavera di un’adolescente arrabbiata che non va più per i campi a scorgere i segni del rinascere della terra. Vorrebbe trovare i segni del suo nuovo modo di stare al mondo nel riconoscimento stampato sul viso di chi la circonda. I suoi occhi non sono ancora pronti, non sono maturi per leggere ciò che c’è già, ma che deve essere da lei scoperto. La luce primaverile, luce attesa, amata, le ricorda solo ciò che è stato e non le svela ancora ciò che sarà. La luce, questa volta, non è svelamento, ma solo freddezza.
Il crogiolo della sofferenza interiore come doglie di parto la sta portando verso una nuova nascita.
“Incontra” quell’uomo morto nella primavera di tanti anni lontani. La sua storia sentita narrata da chi lo ha sperimentato risorto, le ha fatto compagnia da sempre, ma mai i loro sguardi si sono incontrati.
Gli occhi della giovane donna adesso sono pronti per essere penetrati dallo sguardo di quell’uomo e ad accettare il suo invito: vieni, segui le mie parole. Sono parole di speranza, sono parole di vita impegnata, sono parole di completezza, sono parole di profondo amore.
Da quanto tempo la giovane stava aspettando quell’invito, quell’elezione? Da sempre. Quella giovane donna per cogliere quelle parole sentite più volte ma adesso ascoltate come indirizzate personalmente a se stessa, ha dovuto prima passare dall’esperienza di sentirsi anonima, rifiutata, ultima, scarto.
“Sì, ti credo, accetto il tuo invito, mi metto alla tua sequela!”.
Anche in lei è avvenuta la risurrezione; è risorta dall’apatia, dall’insoddisfazione, dai ricordi solo negativi. Ed è stato un correre verso la vita, verso gli altri guardati come amici, come portatori di novità, di relazione, di comunione.
La donna percepisce il vuoto interiore che porta la ragione quando si mette a fare le pulci al sentire.
Venerdì santo. Il suo corpo è lì, nel banco della chiesa, in atteggiamento di preghiera. Il cuore inquieto.
Nella sua mente s’innesta il dubbio che tutto ciò in cui per anni ha creduto e che è stato alla base delle sue azioni, che ha dato senso al suo esistere e all’esistenza delle persone che ama, possa essere solo un’illusione.
Guarda la folla di coloro che credono, per trovare conferma al suo credere: persone semplici, esimi studiosi, eroi, gente di tutti i giorni, amici …
Guarda alla moltitudine di chi non crede formata anch’essa da persone feriali, dotti, gente generosa, persone della porta accanto, amici …..
Le argomentazioni per credere o non credere si dividono entrambe il loro cinquanta per cento.
La possibilità di credere è messa lì come un dono.
La celebrazione alla quale sta partecipando, continua con le sue letture, i suoi canti che portano la memoria della donna a primavere passate quando il credere era assoluta certezza.
Che dolce abbandonarsi al desiderio di pensare che quell’uomo morto in una lontana primavera non sia stato solamente un eroe, un grande personaggio innamorato della giustizia, dell’amore, dell’umanità, ma in lui vi fosse un’alta concentrazione del divino che lo ha fatto risorgere a vita nuova!
Chi sta presiedendo invita i presenti, sparsi nell’aula sobria ma elegante ad avvicinarsi a una croce che accoglie un corpo abbandonato nella morte.
E di nuovo la ragione: che senso baciare quel freddo materiale inerme? Non può essere anch’esso un amuleto, un idolo?
Esce dal banco, cammina titubante, imbarazzata verso quel legno che ospita un uomo con le braccia allargate, inchiodate. È un po’ trattenuta pensando alla sensazione che proverà al contatto delle sue labbra con il gesso freddo.
Va lo stesso lasciando fuori i pensieri. Si avvicina, appoggia la fronte nell’incrocio tra la testa e il braccio. Sta lì un momento. La velocità del pensiero fa emergere nuove connessioni.
Non è stato saperlo un eroe che quell’uomo ha dato un nuovo impulso alla sua vita, ma crederlo strumento, mediatore dell’amore del Creatore, svelato da lui come Padre. E ancora: lui ha riunito, simbolo di Dio, simbolo dell’Uomo, il Trascendente e l’Immanente in unica realtà; l’amore per se stessi, l’amore per le persone che camminano accanto a ogni uomo, l’amore per Dio in un’unica possibilità.
Sente sotto la sua pelle, la rigidità delle ossa di gesso. Immagina quelle che incontra quando si prende cura dei suoi cari corpi malati, sofferenti che si lasciano toccare dalle sue mani sperando in un sollievo. Si rivede con la cara amica, ormai ridotta a fragile pelle che fa trasparire lo scheletro sottostante, la sua bocca piagata tirata in un sorriso, le sue parole di grazie, di speranza, di fede.
Risente i propri baci sparsi un po’ ovunque su quei corpi in attesa di guarigione, amati al di là della malattia perché essi rappresentano il vero motivo per cui vivere.
In una mescolanza di sensi dove si confondono o si compenetrano a vicenda il corpo di freddo materiale, simbolo dell’uomo della lontana primavera, i corpi amati alcuni dei quali perduti ed altri in attesa delle sue premure, il bacio che esce dalle sue labbra perde tutta la sua finzione e diventa espressione sincera.
Nuova risurrezione.
Anna Romboni
Sono counselor professionista, esperta di percorsi autobiografici, dottoressa in scienze religiose e consulente del Tribunale ecclesiastico di Verona. Mi piace scrivere e amo la famiglia.
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Grazie per questa profonda riflessione pasquale, come mi piacerebbe saper scrivere in questo modo…