Vittima, vittimismo e lamentazione
Sono realtà strettamente collegate da non sottovalutare
Sono realtà strettamente collegate da non sottovalutare
In questo articolo verranno affrontate le differenze tra vittima e vittimismo da diversi punti vista e scopriremo che la lamentazione è una modalità utilizzata sovente per rimanere nel ruolo della vittima. Infine vedremo cosa è utile fare per promuovere la maturazione umana e spirituale e uscire dal vittimismo e dalla lamentazione.
Il sacrificio di Isacco di Caravaggio
Il termine “vittima” nella Bibbia appare in 25 versetti dell’Antico Testamento ed è collegato al concetto di vittima sacrificale.
«Parla ad Aaronne e ai suoi figli e di’ loro: “Questa è la legge del sacrificio espiatorio. Nel luogo dove si sgozza l’olocausto, sarà sgozzata, davanti al SIGNORE, la vittima espiatoria. È cosa santissima». Levitico 6,18
Attraverso l’offerta del sangue di una vittima (di solito un animale) immolata a Dio con una precisa ritualità si ottenevano in cambio considerazione, benevolenza e rinnovo dell’alleanza.
Dio ha comandato a Mosè: «Consacrami ogni primogenito, il primo parto di ogni madre tra gli Israeliti – di uomini o di animali -: esso appartiene a Me”». Esodo 13,2
Da questo brano biblico l’ebraismo ha tratto la tradizione dei rituali di riscatto del figlio primogenito e della macellazione sacrificale. I genitori erano esentati dal sacrificare fisicamente il figlio primogenito, ma dovevano sostituirlo con un pagamento in denaro o con un sacrificio animale.
Si tratta di un transfer spirituale, l’animale da sacrificare è un testimone che rappresenta la persona (in alcune ritualità pagane anche più persone). Questo modo di pensare era presente in molte religioni dell’antichità, ma anche oggi si riscontra nelle tradizioni magico-religiose di alcune culture tribali.
Attraverso il sacrificio materiale si ottiene l’accesso alla dimensione spirituale: si tratta di una mediazione simbolica ritualizzata
«Il sacerdote che offrirà l’olocausto per qualcuno avrà per sé la pelle della vittima che avrà offerta”. Levitico 7,8
La pelle (anche una piccola parte di essa) rappresenta simbolicamente l’involucro che racchiude lo spirito.
La pelle, i capelli o altri liquidi organici possono servire ad un operatore dell’occulto per avere un “accesso spirituale” alla persona.
Gesù è l’ultima vittima sacrificale
Ma con la venuta di Gesù nessuno più è vittima, perché è stato Lui stesso l’ultima vittima sacrificale della storia, e mediante il Suo sacrificio ha abolito per sempre ogni sacrificio espiatorio.
Ne consegue che ognuno, grazie a Gesù Cristo, è salvato a meno che la salvezza non venga rifiutata. La salvezza avviene per grazia non per i meriti personali.
Quindi per un cristiano sentirsi “vittima designata” è un pensiero insano contrario alla propria fede, che porta con sé vittimismo e lamentazione.
Tutti ci siamo trovati, più o meno consapevolmente, a vivere il ruolo della vittima. Ma ci sono persone che trasformandosi in vittime permanenti sviluppano un “vittimismo cronico“. Queste persone si travestono da vittime per simulare aggressioni inesistenti e, allo stesso tempo, scaricare le colpe sugli altri, liberandosi in questo modo da ogni responsabilità personale.
In questo modo si genera una visione pessimistica della realtà, e si finisce con il causare malessere fisico, psicologico e spirituale a sé stessi e agli altri.
La persona che cade nel vittimismo cronico finisce per alimentare sentimenti molto negativi come il rancore e la rabbia, che sfociano in un vittimismo aggressivo.
È il caso di chi non si limita a lamentarsi ma attacca e accusa gli altri, è intollerante e viola la libertà e i diritti altrui.
Il vittimismo genera lamentazione
Il vittimista si “consola” lamentandosi. Visto che non si sente mai responsabile, l’unica cosa che gli rimane da fare è “lamentarsi”, per meglio assumere il ruolo di “povera vittima” riuscendo così ad attirare l’attenzione degli altri.
Il beneficio secondario del vittimista è proprio quello di attirare l’attenzione pietosa del prossimo.
Ma in realtà queste persone non cercano aiuto per risolvere i loro problemi, si limitano a lamentarsi alla ricerca di compassione e protagonismo. Così la vittima si trasforma in carnefice nei confronti del prossimo, che viene schiavizzato dai suoi infiniti bisogni.
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Il vittimismo e la lamentazione dovrebbero essere affrontati contemporaneamente su due piani: quello umano e quello spirituale.
Sul piano umano
È necessario iniziare un percorso di conoscenza di sé per guardare in faccia la realtà e iniziare ad assumersi le proprie responsabilità mediante un buon accompagnamento esistenziale, che può essere svolto da uno psicologo o da un counselor esistenziale, oppure da un direttore spirituale con competenze psicologiche. Utili anche la partecipazione a percorsi per acquisire competenze relazionali.
Sul piano spirituale
Occorre sviluppare la maturità religiosa, partecipando a percorsi seri di crescita come esercizi o ritiri spirituali. Inoltre è utile sviluppare un’abitudine alla preghiera in diverse forme, sia quella più strutturata e liturgica (es. liturgia delle ore, rosario…) che quella più informale e libera (es. preghiera di lode, di intercessione…)
Abbiamo visto che c’è una grande differenza tra vittima e vittimismo e abbiamo chiarito che al cristiano non è chiesto di essere vittima. Poi abbiamo scoperto che la lamentazione è una modalità utilizzata per rimanere nel ruolo della vittima e per alimentare il vittimismo, Infine abbiamo valutato cosa è utile fare per promuovere una maggiore maturità e consapevolezza sia sul piano umano che spirituale.
È giornalista pubblicista esperto del settore eno-agro-alimentare, è psicologo, counselor professionista e mediatore familiare. È anche co-fondatore dell’associazione Famiglia della Luce con Camilla e titolare di Ascolti di Vita.
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